Dante e Randall sono due commessi di due negozietti della provincia americana: il primo, paziente e disponibile (quando ci riesce), gestisce un minimarket persino nel suo giorno di riposo, il secondo lavora nella videoteca accanto con un tasso di menefreghismo talmente alto da andarsi ad affittare i film da un blockbuster della concorrenza. Intorno a questo microcosmo orbitano quotidianamente i personaggi più improbabili: dallo spacciatore incallito al vecchio maniaco, tutti pronti a imperversare quotidianamente sui due poveri commessi subendone le alterne imprevedibili reazioni.
Una pellicola di rara bellezza: per lo spirito della narrazione, per la naturalezza dei protagonisti, per il dissacrante realismo. Il modo in cui si accavallano le due (apparentemente) antitetiche visioni della vita ti intrappola minuto dopo minuto, in un continuo oscillare fra le ragioni del buon Dante (“E pensare che io neanche ci dovevo venire oggi qui”) e dello spietato Randall (“Deciditi: o cachi o ti tiri su le brache”). E come in ogni capolavoro degno di tale definizione, queste rispettive ragioni, benchè opposte, saranno sempre perfettamente condivisibili: la verità non è solo bianca OPPURE solo nera, piuttosto è un mix di entrambe le tonalità.
La Morte Nera era una crudele arma di distruzione di massa? ok, e come la mettiamo con tutti quegli innocenti operai fatti schiattare durante la ricostruzione della seconda Morte Nera dai cosiddetti ribelli ne L’impero colpisce ancora?
Insomma, il traguardo più sopraffino di Kevin Smith è stato spennellare su tutto il film quel perfetto permanente contrasto, sempre al confine tra realtà e finzione, assurdo e realistico, buono e cattivo, spietato e compassionevole. Una permanente desaturazione (tra l’altro anche fotografica: il film è in bianco e nero) che fa di Clerks il tipico esempio di opera d’arte tanto low-budget quanto high-level.
Un bel… contrasto!