Il sergente McDonagh (Nicholas Cage), in servizio presso il dipartimento di polizia di New Orleans, viene promosso al grado di tenente per l’eroico salvataggio, compiuto nei giorni dell’uragano Katrina, di un detenuto praticamente spacciato, al costo non indifferente di una schiena permanentemente lesionata. Senza perdersi troppo d’animo, forte dell’aiuto di grandi quantità di antidolorifici e stupefacenti che comincia a sottrarre sempre più frequentemente dal magazzino dei corpi di reato del suo dipartimento, accetta stoicamente il suo primo caso da tenente, a causa del quale rimarrà sempre più invischiato in un valzer di malavita, scommesse, droga, prostituzione e corruzione.
Pensavo inizialmente che questo film fosse quel mitologico capolavoro di cui avevo sentito parlare ai tempi dell’università da un amico che lo aveva eletto suo manifesto di vita. Anche se una volta conosciuto il protagonista era ben chiaro che i tempi non tornassero, mi sono lasciato lo stesso incuriosire sempre più dal personaggio proposto da Cage che, in quella sua spirale di incoscienza ed eccessi, riesce a rappresentare un personaggio così particolare senza scadere mai nello stereotipo che ci si potrebbe aspettare. Un interpretazione a mio parere molto ben riuscita, con accenni di introspezione utili a rendere più quel senso di incontrollato disagio tipico di chi finisce per farsi ingenuamente travolgere sempre più dagli eventi che a tentare di fornire una la classica autoconfessione/pentimento.
Una sorta di fluttuante scivolamento di destini un pò Tarantiniano in cui, a parte il melenso finale un pò troppo “all’americana” (recuperato solo parzialmente negli ultimissimi istanti prima dei titoli di coda), la narrazione si dipana in maniera tutto sommato convincente. Insomma, una pellicola a tratti un pò banale ma molto ben sceneggiata e soprattutto interpretata: che sia o meno un remake, il minimo che ora posso fare è cercarmi comunque la versione targata Abel Ferrara del 1992.