In un mondo la cui popolazione è stata decimata pochi anni prima da un immensa catastrofe, la vita sulla terra è nelle mani di una manciata di coraggiosi piloti di robot androidi, addestrati a fronteggiare le minacce provenienti a getto continuo dallo spazio extraterrestre.
Ora, poichè non voglio fare il solito rompicoglioni controcorrente, premetto subito che lo spettacolo è stato grandioso: animazione di ottimo livello e narrazione interessante nonostante le quasi 4 ore tra primo e secondo capitolo (eh si, era la maratona). Però dico altrettanto chiaramente che sto tema della minaccia sempre in agguato c’era pure ai tempi de Roma coi barbari e sarebbe anche un pò ora di rinnovare gli argomenti – e ok che è tutto nato quando i robottoni non erano ancora così di moda, ma tant’è. Certo, moltissimi elementi giocano a favore del lavoro nel complesso: la fantasia con cui si rappresentano questi minacciosi angeli arrivati per punire l’umanità, che si presentano sotto forma di cugino di Lochness nella versione base financo al modello super evoluto di piramide metallico-liquida-volante che si scansa all’ultimo schivando il colpo di fucile a positroni; o la profonda attenzione con cui si cerca di delineare un profilo psicologico dei vari protagonisti, tutti più o meno scandagliati ben sotto la scorza.
Forse il vero unico problema sono alcuni aspetti caratteristici di questi anime, come l’uso dei nomi giapponesi – per me sempre già così difficili da associare ai rispettivi titolari per più di 30 secondi – che pur rendendomi conto risultino piuttosto ovvi per prodotti del genere, potrebbero almeno provare a mettersi d’accordo prima del doppiaggio e usarli uniformemente, non una volta il nome e una volta il cognome. E lascio fuori dal discorso il tentativo di decifrare il simbolismo der gesucristo pieno di braccia al posto delle gambe che pe salvallo lo tengono crocifisso millemila metri sottoterra.
Per il resto, dall’hobby del regazzino per i soffitti, alla muta che non se scompone manco dentro all’angelo, alle scene softcore ammiccanti, dal padre al top della commozione si sbilancia addirittura con un “bene.” sulla tomba della madre, all’ansia de quer poro fio che manco arriva e già deve pilotà er mostro pe salvà il mondo sennò vattanaffanculo, senza contare il bel pig-nig co la pizza ar domopak tra un film e l’altro in mezzo a orde de occhialunti e signorine.
Insomma, penso lo rivedrò a casa sperando di riuscire a scassinare quegli ineffabili simbolismi giallonesi, ma come spettacolo al cinema ne è cmq valsa la pena.
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