Lo scorso weekend si è tenuto a Roma la prima Maker Faire Italiana e per potermi vantare con chiunque di essere un superfan del making della prima ora in caso la cosa dovesse diventare di moda, mi sono registrato nientemeno che per la mattinata di apertura di giovedì. Arrivo quindi tutto eccitato al palazzo dei congressi per scoprire però che tutto è ancora in preparazione: niente stand e nessun espositore, solo talk a raffica di cui però pare non sia disponibile una scaletta. Insomma, me ne torno mesto in ufficio ad affrontare la quotidiana lotta contro il sistema del male.
Fiducioso in un secondo tentativo, stabilisco il piano d’azione per una seconda incursione mettendo in squadra un filosofo, un fotografo ed un gommista. Il ritardo è di tipo extra-classico: arriviamo ai cancelli alle 17:10 e il gentile staff ci dice che troppa gente ha avuto la nostra stessa idea e non c’è più capienza. Ma niente può fermarci e dopo una breve perlustrazione del perimetro, riusciamo ad imbucarci da una porticina laterale lasciata incustodita. Dentro è effettivamente una bolgia, tutto il contrario del primo giorno: stampanti 3d ovunque, progetti che dire fantasiosi è dir poco, dallo strumento sonoro fatto con carta e matita al cellulare autoprodotto made in cinese. Linux, Arduino e frotte di reietti: finalmente in costume e ciavatte un posto dove sfigurare meno del solito.
L’entusiasmo nella comitiva si fa sempre più palpabile, l’esito non può essere che la proposta de annasse a magnà qualcosa come se non ci fosse un domani. Rotta per Trastevere, dove rimaniamo folgorati da un menu a prezzo fisso a 12€ antipasto-primo-secondo-dolce-vino. Un ottima domenica senza dubbio.