Tommy Lee Jones (Hank), ex ufficiale della polizia militare e reduce del Vietnam, viene contattato dalla base militare presso cui presta servizio suo figlio minore, per notificargliene il mancato rientro dalla libera uscita e dunque la probabile diserzione. Convinto a scoprire le vere ragioni dietro ad un gesto per lui così inaccettabile ed incomprensibile, lascia a casa la moglie (Susan Sarandon) e parte per andare a scoprire i fatti direttamente sul posto.
La prima cosa che di questo film mi ha colpito è l’atmosfera: tempi dilatati, sguardi e sospetti immersi in un permanente e freddo silenzio, capace di sottolineare perfettamente la palpabile omertà che sembra avvolgere tutti i protagonisti. Ogni ipotesi sembra sempre destinata a rimanere tale, respinta dal muro di gomma delle non-risposte di tutti gli elementi chiave della vicenda, utili solo ad alimentare la testardaggine dell’ispettrice a cui viene affidato il caso (Charlize Theron). Ma una volta squarciato il velo, troveranno sempre più spazio realistiche rappresentazioni di lucida follia, sadismo e rimorso, fino a dipingere un quadro di desolazione morale tanto realista quanto avvilente dell’universo militare americano che, oltre al bravissimo regista e sceneggiatore Paul Haggis, solo pochi altri maestri dell’intimo hanno saputo imprimere così discretamente su pellicola.
Magistrale l’intepretazione di Tommy Lee Jones che, anche grazie alla sua espressività sempre così permanentemente segnata, risulta perfetto come non mai per il ruolo del risolutore-giustiziere costretto a trovare nel dramma personale la via della propria catarsi.